the meyerowitz stories

l’altra sera guardavamo the meyerowitz stories, su netflix. un film come tanti altri di quel tipo di film intendo, una famiglia disfunzionale che in un momento di crisi\svolta\scelta è costretta a confrontarsi. nulla di nuovo quindi, tutte le famiglie sono disfunzionali, tanto che probabilmente si potrebbe anche evitare l’aggettivo, dire tutte le famiglie, e sottintendere disfunzionali, come i gatti che sono tutti neri, e le albe livide e tramonti infocati. insomma, non so bene se mi sono spiegata, forse manco tanto capita, ma lasciamo perdere. e andiamo avanti. in questa famiglia disfunzionale (si seguito indicato solo come: f.d.) del film c’era quindi un padre egocentrico ed egoista, una seconda – anzi terza – moglie distratta, una figlia trascurata e rassegnata, un figlio trascurato e sofferente e un figlio ancora amato e messo al centro.

tutto solito, insomma, con attori così cosà alla fine, tipo ben stiller figlio terzo che in qualsiasi film te lo ritrovi ti sembra sempre che da un momento all’altro debba farti la mossa di zoolander. il padre però, il padre era diverso. aveva, nel suo egoismo da mulo, che lo portava a parlare solo di quello che gli pareva a lui, a volte anche in contemporanea con il suo interlocutore, che gli faceva ritenere tutti quelli del suo stesso giro e della sua generazione -è uno scultore- solo dei fortunati arricchiti e famosi senza alcun merito, e di contro è sensibile alla lusinga in una maniera patetica, per cui incontra sigourney weaver e poi non fa altro che raccontare che ha incontrato sigourney weaver, aveva qualcosa di commovente, qualcosa che ho capito fino in fondo. vedi, mi dicevo poi a ripensarci, è proprio vero che sono diventata una signora di mezz’età -sovrappeso, di mezz’età sovrappeso è la descrizione completa, deve essere il tempo che passa, mi dicevo, perché comprendo e trovo commoventi le sfumature di un vecchio stronzo alla fine della sua vita.

poi però in questi giorni sono andata per lavoro in un certo posto, e mi è capitato di avere a che fare con uno di quei vecchi che non mollano, di quelli che ai tempi loro era tutto meglio e solo loro sanno come si fanno le cose, di quelli che cercano di esercitare il loro potere come influenza, in maniera anche sleale, e gli ho risposto a tono tre o quattro volte fino a quando non ha ceduto.

e allora no, mi sono detta mentre tornavo a casa, il tramonto infocato e chissà che alba livida domattina, un gatto nero pronto ad attraversarmi la strada. no, mi sono detta, non è mica questione di f.d., e manco di signora di mezz’età che sono diventata -sovrappeso, signora soprappeso di mezz’età, da qui in poi s.s.d.m.e.

no, tutte balle, mi sono detta. è che il vecchio padre stronzo nel film lo fa dustin hoffmann, e questo è quanto.

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vgalletta

Nata e cresciuta a Siracusa, ha trascorso parte dell'infanzia a Ozieri, in Sardegna, e da anni vive a Livorno. È laureata in ingegneria civile idraulica a Catania, materia in cui ha conseguito anche un dottorato di ricerca, e ha lavorato come ingegnere idraulico prima di intraprendere la carriera di scrittrice a tempo pieno. Ha scritto numerosi racconti pubblicati su riviste e quotidiani. Nel 2013 il monologo "Sutta al giardino" le è valso il premio per monologhi teatrali “Per Voce Sola” del Teatro della Tosse di Genova. Nel 2017 il suo romanzo inedito "Pelleossa" è arrivato tra i finalisti della III edizione del premio Neri Pozza. Con il romanzo "Le isole di Norman", già finalista alla XXVIII del Premio Calvino, ha vinto il Premio Campiello Opera Prima 2020. Il suo romanzo "Nina sull'argine", uscito a ottobre 2021 per minimum fax, è tra i 12 libri candidati al Premio Strega 2022.