Appunti sparsi

La città e l’immaginario

Ascolto Spotify questo pomeriggio, vago fra le playlist che il mezzo ha creato per me, mi deprimo un poco e poi non poco, a sentire che razza di tristonaggini mi propone, tutta colpa mia, è evidente, mi ha campionato in ore e ore di ascolti, e ora mi fa il verso. Reggo un paio di brani, forse tre, poi passo al successivo, è una play weekly, forse il martedì ha risolto che sto più di buonumore.

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Ieri

Ieri in piscina, seduti sulle gradinate, sommersi dal frastuono combinato delle urla dei maestri, dei tuffi dei bambini, del rimbombo di un posto acusticamente infernale, la mia amica si sporge da dietro il marito, mi tira per una manica e mi fa: Oh, hai visto di Cucchi? Hanno confessato, e io le faccio di sì con la testa e poi mi rigiro a guardare la piscina, i Via! dei maestri, i tuffi scomposti dei bambini in acqua, e penso, penso che è successa una cosa veramente enorme, se ci viene il desiderio di condividerlo anche in questo canaio, in mezzo a questo frastuono tutto diverso e per questo tutto uguale, e allora, mi dico, allora questa cosa è veramente enorme, è una cosa di tutti noi, e devo scriverla, penso, per ricordarmela, perché non si perda fra mille docce e mille asciugature di capelli, fra mille merende e mille corse verso scuola, scriverla per non dimenticarla, scriverla me e anche per chi nuota in questa piscina e di questa storia sentirà parlare fra molti tanti anni.

Ieri 11 ottobre finalmente il primo carabiniere ha ammesso che Stefano Cucchi è stato picchiato. Noi proseguiremo ad andare in piscina, Stefano Cucchi non può più da nove anni. Ma ieri finalmente qualcosa è accaduto, e noi, pur nel frastuono inutile delle nostre vite, ce lo siamo detti. Siamo vivi, in fondo, nonostante tutto.

Le case degli altri

Questa è la mia casa. Cucina, stamattina. La foto, bruttaiola, mi rendo conto, è stata fatta per un mio amico online, con il quale ci scambiamo le foto delle lampade che abbiamo in casa. In primo piano quindi la Castiglioni per Floss fuori produzione,  con le sue curve perfette. Ma dietro, poi ho guardato meglio dietro, dietro si vede il cortile, le case sullo sfondo. Le case degli altri.

Ieri Ettore e un suo amico hanno preso il binocolo che sta sempre là, poggiato sul mobile accanto alla portafinestra, e si sono messi in balcone a guardarsi attorno, come faccio io, spessissimo, con le storie di questo cortile che conosco tutte e sulle quali invento quello che non conosco.

Sono le cronache dai bordi, storie minime di vite minime di persone minime, che eppure a me sembrano sempre piene di significati, e altre storie, e altri pensieri. Per questo ci viene così difficile cambiare casa. Per questo cortile, e tutto il mondo che c’è intrecciato attorno.